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  • Cop29, 1.300 miliardi all'anno di aiuti al 2035
    Nov 22 2024

    Dall'11 novembre, fino a oggi venerdì 22 novembre, le delegazioni di oltre 190 Paesi si sono ritrovate a Baku in Azerbaigian alla Cop 29, il 29esimo atto della Conferenza dell'Onu sul clima. Per tentare, ancora una volta, di dare una scossa alle azioni per contenere il riscaldamento globale a nove anni dall'Accordo di Parigi. Ma anche di fare qualche passo in avanti per finanziare l'addio ai combustibili fossili nei Paesi in via di sviluppo con nuove risorse sul piatto e completare il puzzle intricato dei mercati del carbonio.

    Dal punto di vista degli impegni dei Paesi, questa Cop è stata vista come una fase transitoria tra la Conferenza di Dubai e la prossima in Brasile. Fa parte di un trittico progettato per gettare le basi per il successo del nuovo ciclo definito dal ritmo dell'Accordo di Parigi del 2015. Se nel 2023 negli Emirati è stato completato il primo bilancio globale (Global stocktake), l'anno prossimo gli Stati dovranno presentare i piani dettagliati su come intendono raggiungere concretamente gli obiettivi di Parigi, i cosiddetti Contributi nazionalmente determinati (Ndc).

    A Baku gli Stati hanno ripreso le fila sul tema del finanziamento climatico. Nel 2009 i Paesi ricchi si sono impegnati a mobilitare 100 miliardi di dollari all anno entro il 2020 per l'azione climatica in quelli in via di sviluppo. L'obiettivo è stato però raggiunto con due anni di ritardo. La bozza di questa Conferenza, uscita nel primo pomeriggio di oggi 22 novembre, decide di porre un obiettivo in estensione di quanto previsto dall'Accordo di Parigi, con i paesi in via di sviluppo che prendono l'iniziativa di arrivare a 250 miliardi di dollari all anno al 2035 per i paesi in via di sviluppo per l'azione climatica.

    Il commento di Laura Bettini, conduttrice di Si può Fare, Radio24 ai microfoni di Sebastiano Barisoni.

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  • La vittoria di Donald Trump e il futuro dell'Europa: parla Giulio Tremonti
    Nov 15 2024

    La vittoria di Trump "è la fine dell'utopia della globalizzazione. Barack Obama quando si insediò disse: non c'è più il passato, ma solo il futuro. Ecco, mi pare la conferma che quella politica fosse errata". È quanto ha dichiarato nei giorni scorsi alla Stampa il presidente della commissione Esteri della Camera Giulio Tremonti (FdI). "È probabile che Trump replichi l'impostazione del primo mandato - afferma - Una colossale deregolamentazione, detassazione degli utili d'impresa, dei rimpatri di capitali, e poi più dazi, anche sui prodotti europei.

    La fiscalità sugli scambi non si limita ai dazi. Perfino nel regolamento doganale europeo l'Iva sulle importazioni viene considerato un dazio. Ora si aprirà un'enorme trattativa fra Bruxelles e Washington su questo: è probabile che Trump ne tenga conto per tarare i dazi sui prodotti europei".

    Sulle divisioni dell'Europa "il contesto è drammatizzato dalla guerra. Oggi il grande problema dell'Europa non è più e non solo l'economia. Ipotizziamo che la guerra in Ucraina si trasformi in una nuova Corea. Se così fosse, ne uscirà vincente Putin. E se accadrà, che succederebbe agli equilibri politici nei nostri confini? Pensi per esempio ai Balcani. Credo che la pressione dei russi e dei loro alleati crescerà: Cina, Corea del Nord, Iran. L'Europa si è occupata a lungo di allargamento ad est, in modo paternalistico e fiscale, Putin a sua volta vuole l'allargamento a ovest. Il futuro dell'Unione passa dunque dalla costruzione di una vera difesa comune, che può essere allo stesso tempo fattore di unità politica e una leva per la crescita. Nel 2003 la presidenza italiana dell'Unione propose l'introduzione degli eurobond per infrastrutture e spese militari. Vent'anni dopo ci stiamo arrivando".

    Giulio Tremonti, deputato (FDI) e presidente della commissione Affari esteri ed europei della Camera, ex ministro dell'Economia governi Berlusconi, Aspen Institute Italia.

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  • Focus economia del 8 novembre 2024
    Nov 8 2024

    Focus economia del 8 novembre 2024

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  • L'aumento dell'occupazione non basta a fermare la povertà
    Nov 21 2024

    Nell'ultimo triennio insieme all'occupazione è cresciuta la povertà assoluta. Rispetto al prepandemia, ovvero al 2019, nel 2023 l'occupazione è aumentata di 1 milione e 262mila unità di lavoro (+5,4%), raggiungendo il picco. I contributi più rilevanti sono venuti da servizi (+ 65%) e costruzioni (+29%), settori che più hanno contribuito alla ripresa dell'economia.
    Però, a fronte di questo andamento positivo del mercato del lavoro, le retribuzioni reali per occupato sono rimaste sotto i livelli pre-crisi e sono aumentati gli individui in povertà assoluta, passati dal 7,6% del 2019 al 9,7% del 2023. Sono, invece, diminuiti i working poor per la minor incidenza del part time involontario.
    È questo il quadro tracciato dal Monitor "L'occupazione aumenta, ma aumenta anche la povertà", realizzato da Area Studi Legacoop e Prometeia, che si focalizza sul periodo 2019-2023.
    Il commento di Mattia Granata, Direttore Area Studi Legacoop a Focus Economia.

    Beko chiude le fabbriche, la maledizione del settore del bianco

    Dopo le chiusure di Merloni, Ariston, Indesit e Whirlpool, ora tocca a Beko. E la "maledizione del settore del bianco" si arricchisce di un nuovo capitolo. Una volta fiore all'occhiello dell'industria italiana con i marchi Merloni, Indesit, Ariston, da decenni è finito nelle mani di multinazionali estere - ci sono anche gli svedesi Electrolux - che delocalizzano dove il costo del lavoro è minore.
    Beko Europe ha presentato un "piano industriale" che prevede entro il prossimo anno e comporterà 1.935 esuberi. L'annuncio arriva dopo 12 anni di cassa integrazione tra ex Whirlpool e Beko Europe.
    Il marchio controllato dai turci di Arçelik, che solo da pochi mesi aveva acquisito cinque stabilimenti italiani da Whirlpool (non quello di Napoli, chiuso tre anni fa e demoralizzato in Polonia), ha proposto la chiusura degli stabilimenti di Siena (299 dipendenti che producono congelatori), di Comunanza in provincia di Ascoli Piceno (320 dipendenti che fanno lavatrici) e il ridimensionamento di uno dei tre poli produttivi di Cassinetta, Varese (940 dipendenti per la produzione di frigoriferi, il piano prevede il taglio di 540 posti). In più il taglio di 678 'colletti bianchi', quasi la metà dei 1.500 amministrativi e dirigenti di Beko Europe in Italia, oltre a 60 posti di lavoro cancellati a Melano, vicino Fabriano, e 40 a Carinaro, provincia di Caserta.
    Dalla multinazionale spiegano che lo scenario per il settore è difficile e che il piano è una soluzione concreta per l'Italia. Sono infatti previsti oltre 110 milioni di euro di investimenti e la ricerca di possibili reindustrializzazioni per Siena e Comunanza.
    L'intervento di Paolo Bricco de il Sole 24 Ore ai microfoni di Sebastiano Barisoni.

    A Parigi vertice Confindustrie per rilancio competitività Ue

    Un incontro di ''maggiore importanza in un momento in cui l'Europa deve fronteggiare le sfide strategiche in materia di competitività'' al livello mondiale. E' questo l'intento del Forum economico trilaterale Francia-Germania-Italia, in corso oggi a Parigi e che durerà fino a domani, secondo quanto annunciato dal Medef, equivalente transalpino della Confinsutria. ''All'alba della nuova legislatura europea - sottolinea il Medef in una nota diffusa qualche giorno fa- è essenziale rafforzare il nostro mercato interno, finanziare la triplice transizione verde, digitale e demografica, risposizionando nel contempo l'Unione europea sulla scena internazionale".
    Il presidente del Medef, Patrick Martin,riceve gli omologhi del BDI tedesco, Tanja Gönner, e della Confindustria, Emanuele Orsini, oltre che figure di spicco della politica continentale: dal premier francese, Michel Barnier, al vicepresidente del consiglio, Antonio Tajani, fino alla presidente dell'Europarlamento, Roberta Metsola.
    Il racconto di Nicoletta Picchio - Il Sole 24 Ore.

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  • Sanità in sciopero
    Nov 20 2024

    Medici e infermieri scendono in piazza per protestare contro la legge di bilancio che ha fatto saltare il piano di 30mila assunzioni tanto atteso e che prevede dei mini aumenti in busta paga che i sanitari giudicano però inadeguati. Una protesta che si configurerà in uno sciopero di 24 ore che potrebbe far saltare fino a 1,2 milioni di prestazioni - le urgenze però saranno garantite -, come indicano le stesse sigle sindacali coinvolte e cioè i medici e i dirigenti sanitari di Anaao Assomed e Cimo-Fesmed e gli infermieri e le altre professioni sanitarie del Nursing Up. Allo sciopero non partecipano ospedali, ambulatori e cliniche della Sanità privata e anche i medici di famiglia i cui studi resteranno dunque aperti. I sindacati stimano un'adesione all'85%. La protesta in piazza a Roma non sarà troppo distante dalle aule del Parlamento dove proprio in questi giorni si deciderà il destino degli emendamenti della manovra. Ne parliamo con Marzio Bartoloni, Il Sole 24 Ore.

    Le grandi ipocrisie sul clima. Contro i burocrati della sostenibilità e i nuovi negazionisti del clima

    La Cop29 che si tiene a Baku fino a venerdì 22 sta accusando la mancanza di un segnale forte da parte del G20. Si sperava in una dichiarazione politica che impegnasse le grandi potenze economiche a un aumento degli aiuti ai Paesi in via di sviluppo contro gli effetti del cambiamento climatico. Dal summit invece è uscita solo una dichiarazione generica. Inclusione sociale, lotta alla fame e alla povertà, sostegno alla tassazione progressiva dei miliardari, misure per una transizione energetica «giusta, pulita e sostenibile», riforma della governance globale, rapidità nell'azione contro i cambiamenti climatici in vista della Cop30 che si svolgerà nel 2025 in Brasile. Sono questi i principali impegni della Dichiarazione finale del G20 di Rio, sottoscritta dai capi di Stato e di governo presenti. L'obiettivo è «la costruzione di un mondo giusto e un pianeta sostenibile che non lasci indietro nessuno». Forse troppo vaghi tenuto conto della portata del problema e degli impatti, sociali e economici, cui il pianeta va incontro. I dati scientifici, spiegano Roger Abravanel e Luca D Agnese ne "Le grandi ipocrisie sul clima. Contro i burocrati della sostenibilità e i nuovi negazionisti del clima" (edito da Solferino, in libreria dal 15 ottobre) non lasciano dubbi: «Già oggi in Iraq e nei Paesi del Golfo Persico temperature che superano i 50 gradi provocano il divieto per legge di lavorare all aperto tra le 11 e le 17, e le previsioni dicono che, entro il 2035, in un Paese molto più popoloso (e più agricolo) come l India non si potrà più lavorare all aperto in molti giorni l anno, con profondi sconvolgimenti . In Europa e negli Usa, gli investimenti in centrali a carbone si sono quasi azzerati, quelli nelle fonti rinnovabili son cresciuti 13 volte più dell economia mondiale, l 80% dell energia in Paesi come la Spagna è carbon free, chi ha creduto nell auto elettrica come Tesla vale oggi dieci volte la Volkswagen o tre volte la Toyota. Quindi, a che punto siamo? Approfondiamo il tema con Roger Abravanel, saggista.

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  • Google potrebbe essere costretta a vendere il browser Chrome: la battaglia antitrust
    Nov 19 2024

    Gli Stati Uniti solleciteranno un giudice a costringere la società madre di Google, Alphabet, a vendere il suo browser Chrome. Lo riporta Bloomberg. Ad ottobre il dipartimento di Giustizia americano aveva dichiarato che avrebbe chiesto a Google di apportare profondi cambiamenti al modo in cui opera, dopo che una storica sentenza ad agosto aveva stabilito che il colosso della tecnologia gestiva un monopolio illegale. Chiedere la vendita di Chrome a Google segnerebbe un profondo cambiamento da parte dei regolatori Usa, che hanno in gran parte lasciato in pace i giganti della tecnologia da quando non sono riusciti a smembrare Microsoft due decenni fa. Ne parliamo con Biagio Simonetta, Il Sole 24 Ore.

    Confetra, le restrizioni Brennero costano 2 miliardi l'anno

    "Sul Brennero la regolamentazione restrittiva del Tirolo sui transiti sta generando costi per due miliardi di euro l'anno, ancor più aggravata dalla prossima limitazione di transito per manutenzioni del Ponte di Lueg, in Austria." Ne parliamo con chi ha lanciato l'allarme: Carlo De Ruvo presidente di Confetra.

    Mercosur, al G20 alleanza italo francese

    "Ci siamo incontrati, lei è qui a Rio con la figlia Ginevra" e "ha fatto davvero una bella mossa sul Mercosur". Lo ha detto il presidente francese Emmanuel Macron rispondendo ieri sera ai quotidiani italiani a Rio de Janeiro per il G20. Macron è stato intercettato mentre passeggiava con la moglie Brigitte sul lungomare di Ipanema. Si tratta, ha aggiunto, "di una battaglia comune" per Francia e Italia e "per questo motivo siamo soddisfatti". Il bilaterale tra i due presidenti non era previsto e ufficialmente non dovrebbe tenersi nemmeno oggi, ma intanto Macron ha certificato l'alleanza tra Italia e Francia sul trattato di libero scambio con il mercato comune del Sud America fondato nel 1991 da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay, cui si sono aggiunti Venezuela e Bolivia. Il Mercosur spacca l'Europa e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sta lavorando al G20 per chiudere l intesa. Abbiamo approfondito il tema con Vincenzo Miglietta, Radiocor.

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  • La strategia globale cinese passa dai porti
    Nov 18 2024

    A proposito di Sud America, giovedì il presidente cinese Xi Jinping e quella peruviana Dina Boluarte hanno inaugurato un enorme porto nella città di Chancay, una piccola città poco a nord della capitale Lima. L'infrastruttura è stata finanziata con 1,3 miliardi di dollari dalla Cina su un totale di 3,5 miliardi, con l'obiettivo di agevolare il commercio diretto con l America Latina tramite l'Oceano Pacifico: Xi e Boluarte hanno anche firmato l'estensione dell accordo di libero scambio tra i due paesi. Un mega-porto cinese in Perù, per la precisione a Chancay, testimonianza della prospettiva sempre più globale ed extra-asiatica dell espansionismo logistico cinese, che sotto il cappello della famigerata Belt and Road Initiative procede a ritmo spedito (o quantomeno porta a termine progetti avviati in precedenza, come in questo caso). Approfondiamo il tema con Giovanni Tria, Professore Onorario di Economia, Università di Roma Tor Vergata.

    Al via il vertice del G20 di Rio de Janeiro

    È iniziata oggi la prima sessione di lavori del vertice dl G20 di Rio de Janeiro dedicata alla discussione dell'Alleanza per la lotta contro la fame e la povertà, bandiera della presidenza brasiliana di Luiz Inacio Lula da Silva. Il progetto - che mira a sradicare la fame e la povertà nel mondo entro il 2030 - si propone di sviluppare e finanziare politiche per combattere la malnutrizione con modelli diversi per ogni regione del mondo. L'accordo ha già incassato la firma di 81 paesi dei cinque continenti, all'Unione Europea e all'Unione Africana, nove istituzioni finanziarie globali e 31 Ong di tutto il mondo. In attesa che parli presidente del Consiglio Giorgia Meloni (alle 16.10 è iniziato un bilaterale con Lula), da Rio ha parlato il ministro dell'economia Giorgetti che ha ricordato come sulla manovra "stiamo meglio di Francia e Germania". Per il ministro: "Certamente stiamo meglio del mio collega francese che gliel'hanno bocciata, del tedesco che manco l'ha presentata. A Landini che dice che siamo autoritari ma noi siamo molti più rispettosi del Parlamento di Francia e Germania, mettiamola così". Ne parliamo con Vincenzo Miglietta, Radiocor.

    Trump e le nomine chiave al tesoro e alla Federal Reserve

    Si allarga la cerchia dei pretendenti alla carica di segretario al Tesoro statunitense della prossima amministrazione Trump. Secondo il Financial Times, il presidente eletto starebbe valutando altri profili, oltre a quelli emersi pubblicamente subito dopo la sua vittoria. Restano in prima fila Scott Bessent, che è già uno dei consiglieri economici più importanti di Trump, e Howard Lutnick, copresidente del team per la transizione presidenziale. Secondo fonti vicine al presidente eletto, altre tre persone sarebbero entrate nella cerchia dei pretendenti: Kevin Warsh, ex governatore della Federal Reserve; Marc Rowan, Ceo di Apollo Global Management, e Bill Hagerty, senatore del Tennessee. Approfondiamo il tema con Alessandro Plateroti, Direttore Newsmondo.it.

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  • Dietro la crisi della Germania
    Nov 14 2024

    Ieri il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha chiesto al Bundestag di approvare misure urgenti, come l'aumento dei sussidi per l'infanzia e l'innalzamento delle soglie fiscali, in vista delle elezioni anticipate di febbraio. Intanto il comitato dei saggi economici tedeschi ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Paese, stimando un'espansione del Pil dello 0,4% nel 2025, dopo una contrazione dello 0,1% prevista per il 2024.
    Il commento a Focus Economia di Beppe Russo, l'economista e direttore del Centro Einaudi.

    Mef cede 15% di Mps, il Banco prenota il terzo polo Incassati 1,1 miliardi

    Il terzo collocamento di azioni Mps da parte del Mef dà il via alle prove generali per la nascita del terzo polo bancario. Alla vendita delle azioni partecipano infatti, con un blitz a sorpresa, Banco Bpm e Anima che si assicurano un ruolo di primo piano nell'azionariato di Siena, con una quota aggregata pari al 9% del capitale. A cui si aggiunge, con il 3,5% anche il gruppo Caltagirone,azionista sia della banca che dell'asset manager.
    Alla chiusura del mercato di ieri 13 novembre, come vi abbiamo segnalato,il Tesoro ha fatto sapere di aver avviato il collocamento di 88,2 milioni di azioni del Monte, pari a una quota di circa il 7% del capitale. Poco più tardi il collocamento si chiude con la vendita del 15% del capitale per effetto, fa sapere il Mef di una domanda "pari a oltre il doppio dell'ammontare iniziale".
    Per il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, il bottino è ricco. Incamera 1,1 miliardi dopo aver venduto le azioni, contesissime, del Monte a premio del 5% rispetto alla chiusura di Borsa. Il saldo dei tre collocamenti effettuati, sale a di 2,7 miliardi e in portafoglio resta ancora una quota dell'11,7% che in Borsa vale circa 800 milioni.
    L'intervento di Luca Davi de Il Sole24ore, ai microfoni di Sebastiano Barisoni.

    Dopo la Cina è Trump a minacciare con i dazi l'agroalimentare made in Italy

    Le elezioni americane aprono nuovi scenari di incertezza per il commercio internazionale e portano alla ribalta il tema dei dazi su prodotti di importazione, con possibili impatti significativi sull'export italiano. Il settore vinicolo e agroalimentare, ambasciatore del Made in Italy, rischia di essere coinvolto in nuove politiche protezionistiche che potrebbero penalizzare non solo i produttori italiani, ma anche le comunità italo-americane e l'intera rete di distribuzione negli Stati Uniti.
    «Le tariffe al commercio sono una cosa bellissima, la cosa più grande mai inventata». Lo ha ripetuto in campagna elettorale Donald Trump che vuole interventire rapidamente, appena avrà messo piede alla Casa Bianca, sulle regole delle importazioni: contro la Cina e l Europa, contro le imprese americane che delocalizzano in Asia o producono in Messico.
    Sono intervenuti Stefano Berni, Direttore Generale Grana Padano e Micaela Pallini, Presidente Federvini.

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